Si è trattato di un laboratorio autobiografico, condotto da Susanna Ronconi e Liz O’Neill, con cui il gruppo ha voluto riannodare i fili di una storia collettiva partendo dalle tante autobiografie individuali – diverse per storia, percorso, provenienza, generazione: riandare ai significati e alle ragioni di un collettivo, ma anche guardare a se stesse, a tutte e a ognuna, per trovare nuovi orizzonti di senso e azione.
Il laboratorio ha lasciato un giacimento di storie e insieme un’immagine di gruppo, opportunità autoriflessiva per ognuna e, non ultimo, una sguardo nuovo, inedito e non scontato su storie e desideri delle singole, creando una nuova conoscenza condivisa e un intreccio di “buone ragioni” per (continuare a) stare insieme a progettare, lottare, vivere. Il gruppo ha avviato una mailing list dove scambiare testi e riflessioni.
Informazioni e contatti con L’Altramartedì:
Telefono: 011-5211116 Fax: 011-5211116 Cellulare: 335-7167890
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Sito: http://www.mauriceglbt.org/drupal/node/13
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Cellulare: 3394155985
La proposta
Ogni generazione di donne deve trovare
le parole e le pratiche per collocarsi nel mondo, partendo dal vissuto,
unica e insostituibile fonte soggettiva e intersoggettiva di parola e di discorso.
Le diverse generazioni di donne avranno il compito di porre in essere,
di partorire, il loro mondo nella consapevolezza e nel riconoscimento
che già altre donne ci hanno provato prima di loro (Elisabetta Cibelli)
Il riconoscimento dell’altra altera l’organizzazione del passato e il suo significato,
nel momento stesso in cui trasforma il presente di chi lo riceve (Judith Butler)
Alcune donne desiderano raccontare la storia de L’Altramartedì e farne un momento di ascolto, narrazione, scambio con altre e occasione di riconoscimento e apprendimento reciproco.
Un laboratorio autobiografico appare un buon contesto narrativo, per tutto questo: parte delle storie individuali, e rispettandone la ineliminabile unicità, arriva (può arrivare) a declinare un “noi” sempre mobile, indiziario, aperto. Un noi più attento alle soggettività che all’identità, che si dà da sé le proprie provvisorie coordinate, attraverso le parole e i significati contenuti nelle storie narrate e scritte, una sorta di “teoria narrativa”, negoziale, debole forse, ma radicata nei vissuti e libera da pretese definitorie.
Nella pratica autobiografica ognuna scrive di sé attribuendo nuovi significati alla propria esperienza di vita, scrive a partire dal presente e a partire dalla relazione con le altre: il vissuto è di ognuna, nella sua differenza, ma i significati che ad esso ognuna oggi attribuisce sono influenzati e felicemente segnati dalla presenza delle altre. Il fatto che un'altra ci riconosca, come afferma Butler, ci trasforma, e trasforma anche se non i fatti della vita, certo il significato che noi attribuiamo loro nella nostra esperienza. E ri-significare all’oggi ciò che abbiamo vissuto è il senso ultimo del raccontare.
Questo è importante sempre, nell’incontro con l’altra, e lo è anche di più nell’incontro tra generazioni: perché il racconto non è a senso unico – quando lo è, è inutile – ma a sua volta è trasformato dalla reciprocità.
Le donne che “ci hanno provato prima” delle più giovani, come dice Cibelli, e quelle che oggi hanno “il compito di porre in essere il loro mondo” per parlarsi davvero devono avere l’occasione di scambiare significati.
Il modo più antico, umano e poetico di scambiare significati è scambiare racconti.
Il laboratorio autobiografico come “contesto narrativo”
Un laboratorio autobiografico è uno spazio-tempo dedicato a scrivere di sé, raccontare, ascoltare, accogliere la narrazione dell’altra, scambiare significati, scoprire “teorie provvisorie” individuali e del gruppo.
In un laboratorio si oscilla continuamente tra la solitudine della scrittura individuale (un tempo per sé, per il ricordo, l’autoriflessione, l’apprendimento dalla propria storia, la scoperta di sé) e la coralità del gruppo (la lettura, la narrazione, l’ascolto, lo scambio).
Chi facilita il laboratorio aiuta, con una presenza leggera, la scrittura con sollecitazioni e giochi biografici che sostengono il lavoro della memoria e la narrazione, cura il rispetto e la libertà di ognuna e di tutte, custodisce lo spazio-tempo autobiografico affinché sia vissuto con agio e piacere.
Nel laboratorio la signorìa del testo elaborato è di chi l’ha scritto, nessuna può essere forzata a condividerlo se non lo desidera. Sono aboliti giudizio, psicologismi e eccessi interpretativi.
Un laboratorio è per tutte: non è un corso di scrittura, non implica competenze specifiche, si basa su quelle, umane, del raccontare. In autobiografia si dice
“Tutte e tutti hanno una vita. E ognuno può trovare una matita”…
Cosa portarsi a casa
Da un laboratorio autobiografico, ognuna può portarsi a casa molte cose diverse.
La scrittura di sé svolta nel contesto narrativo del laboratorio può avere, per esempio, obiettivi di “ricomposizione”: una maggiore consapevolezza non tanto di “chi siamo” (domanda troppo grande, e forse troppo esposta alle trappole della “I”dentità con la maiuscola) quanto di “come siamo arrivate fin qui”, attraverso quale storia di vita, quali scelte, quali incontri. Oppure obiettivi di autoriflessione e autoeducazione, di apprendimento dalle proprie esperienze per guardare al futuro. Oppure, ancora, di “riconciliazione”: narrare è spesso un modo per fare pace con parti di sé, o accettare, chiudere, elaborare eventi difficili. Scrivere di sé è anche un modo per “estrarre” dalle storie ciò che davvero conta, ha e ha avuto significato nelle diverse dimensioni esistenziali: scrivere aiuta il lavoro di “setaccio” della memoria, che lavora sulla “differenza che fa la differenza”, all’opposto di una narrazione routinaria e quotidiana che tende a non distinguere, a dare per scontato. Il fatto che il laboratorio sia un evento-contesto stra-ordinario rispetto al quotidiano ci aiuta nel guardarci in modo inedito.
Nel rapporto con le altre, il laboratorio permette riconoscimenti, rispecchiamenti o esaltazioni delle differenze, e tutto questo non in alternativa ma in modo compenetrato. Consente anche di mettere vicino “teorie personali” “estratte” dai giacimenti del racconto individuale, per farne un canovaccio comune, di gruppo, non omologante, come si rischia maggiormente di fare quando invece di usare un linguaggio narrativo se ne usa uno teorico, paradigmatico. In questo, arrivare in modo narrativo a una “autobiografia di gruppo” de L’Altramartedì è possibile e stimolante.
Gli incontri
Il laboratorio de L’Altramartedì si svolge in sei incontri settimanali di 3 ore ciascuno.
Il martedì è stato identificato come il giorno migliore, e la fascia oraria 19.30 -22.30.
Ai 6 incontri del laboratorio se ne aggiungerà uno dedicato a chi fosse interessata ad avere maggiori indicazioni attorno al metodo autobiografico proposto.
Il laboratorio ha un suo sviluppo coerente e, soprattutto, nel gruppo si creano relazioni, emozioni e scambi che sarebbe importante coltivare. Per questo si chiede alle partecipanti di essere quanto più possibile costanti e presenti.
Arrivederci.
Liz O’Neill e Susanna Ronconi – Sapereplurale