Sabato, Dicembre 21, 2024
Saperi, competenze, pratiche e narrazioni nel sociale
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Associazione di promozione sociale
22.30-22.45 |
Alcuni detenuti dei blocchi maschili, che guardano sul blocco femminile, avvisano gli agenti che c'è un incendio al blocco femminile. Non si dà peso alle loro affermazioni |
23.00 | Le detenute danno l'allarme quando già le fiamme invadono alcune celle della sezione «A» e della sezione Penale. Le vigilatrici non hanno disposizioni, reagiscono individualmente, strette tra regolamento e buon senso. Si perde tempo, per andare a prendere le chiavi, per chiamare aiuto, per chiedere disposizioni |
23.00-23.30 |
Nella sezione «A» qualche cella viene aperta dalla vigilatrice, aiutata da alcune detenute; al Penale, una sola cella viene aperta dalla vigilatrice di turno, con più ritardo. Le altre donne della «A» e del Penale, nonché tutte le donne del Nido e della sezione «B» rimangono chiuse almeno fino alle 24.00. |
23.19 |
Solo ora vengono avvisati i Vigili del fuoco (notizia presa dai giornali) |
23.25 circa |
Arrivo dei pompieri: avvisati solo pochi minuti prima, arrivano 40 minuti (o 55 minuti, dal primissimo avviso) dal primo allarme, e a 25 dal secondo allarme, quello del femminile. |
23.30-24.00 | Entrano in funzione le pompe dei Vigili del fuoco che spazzano la struttura dall'esterno. All'interno, tutto si è già compiuto |
24.00-00.30 |
(Qualcuna dice anche le ore 1.00), vengono aperte le celle delle sezioni, poste in salvo le donne ferite, trasportati i corpi di quelle decedute. |
I nostri obiettivi
L'Associazione «3 Giugno», costituita a Torino per iniziativa delle detenute del braccio femminile della Casa Circondariale Le Vallette, dopo il tragico incendio che costò la vita ad otto di loro e a due vigilatrici, ha tra le sue finalità quella di «attivarsi affinché vengano riconosciuti e concretamente rispettati in ogni situazione i diritti umani e civili di chi è detenuto/a, in primo luogo l'incolumità, l'integrità e la dignità della persona». La consapevolezza che i limiti ai diritti della persona sono imputabili alle logiche dell'istituzione totale, la quale ha sedimentato una propria «gerarchia di valori» autonoma e separata, porta ad identificare nella extraterritorialità del carcere il nodo da sciogliere perché la rivendicazione di diritti inalienabili non si esaurisca in una battaglia formale e dunque perdente. La stessa Amministrazione Penitenziaria, negli ultimi anni, ha dimostrato la sua disponibilità ad aprire il carcere alla città, ma troppo raramente, ancora, la società esterna si assume una quota di responsabilità reale, ridimensionando la tradizionale delega riconosciuta all'Amministrazione Penitenziaria. L'Associazione mira a proporre un terreno di intervento responsabile e concreto non solo e non tanto alle istituzioni del governo locale, che già ne sono, con vario esito, investite, quanto a tutte quelle figure sociali che hanno saperi e professionalità da investire per la sicurezza, la salute, la formazione, i diritti civili ed il reinserimento di chi è detenuto/a. Investire questa ricchezza di conoscenza e questa pluralità di «punti di osservazione» sul carcere, può significare ristabilire anche al suo interno una scala di valori non più separata ma appartenente alla società intera e capace di tradurre i diritti fondamentali della persona nella quotidianità del carcere:
Su tutto questo chiediamo la disponibilità di quanti hanno saperi e professionalità non solo per riempire un «di meno», un’arretratezza, ma per produrre analisi e progetti, parziali e concreti, capaci di mutare una cultura ed un’istituzione.
Associazione «3 Giugno» Torino
giugno 1989, Le Nuove
Associazione «3 Giugno», c/o Gruppo Abele, via Giolitti 21, 10123 Torino, tel. (011) 8395442
Uno degli obiettivi dell’«Associazione 3 Giugno» è stato quello di portare avanti e sostenere l’iter giudiziario alla ricerca di una verità processuale sulle cause e le responsabilità della morte di 11 donne. Un percorso che si è avvalso del contributo prezioso di Bianca Guidetti Serra e di altri legali, di esperti di sicurezza, di tanti cittadini e cittadine sensibili ai temi del carcere e dei diritti di chi è detenuto.
Dopo 3 anni, l’esito è stato deludente: nessuna responsabilità è stata accertata. Ma la lettura del dispositivo è inquietante: una lunga lista di inadempienze, mancanze, misure e impianti inefficaci, che a nostra parere, e ancora 30 anni dopo, clamorosamente stridono con le conclusioni dei giudici.
Leggi la sentenza di primo grado.
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